Prepararsi ai colloqui di lavoro è diventato un lavoro
Oggi avere un buon CV non basta per essere assunti. Per questo sono spuntati ovunque presunti esperti che ti aiutano ad avere il lavoro dei sogni. Ma servono davvero?
“Anni fa feci un colloquio che è durata quasi un’intera mattinata per un contratto part-time nel call center di un’azienda di assicurazioni: una follia. Ma fin quando ci saranno persone che avranno bisogno anche solo di un part-time perché non hanno altre entrate, queste aziende potranno permettersi di fare quello che vogliono”
racconta Michel.
Prepararsi ai colloqui di lavoro è oggi un’attività sempre più impegnativa, che richiede tempo, preparazione e, quindi, soldi. Sempre più persone, infatti, raccontano quanto sia difficile e stressante prepararsi ai colloqui: possono passare anche mesi prima di venire contattati da un’azienda per fare il primo colloquio, a cui spesso ne seguono altri, assieme ad altre prove, test e nuovi incontri conoscitivi. Un vero e proprio stillicidio, spesso in cambio di contratti precari e di paghe misere.
Da una parte, infatti, le pretese delle aziende sono sempre più alte, la competizione feroce, le competenze richieste tantissime e i posti disponibili pochi. Dall’altra, le garanzie offerte dalle stesse aziende sono sempre meno e gli stipendi non corrispondono spesso alla mansione richiesta o alla posizione per cui ci si candida.
Ne è un esempio la storia di Marco (nome di fantasia), che qualche mese fa si era candidato per una posizione aperta da una nota azienda nel campo del non profit.
La figura ricercata si sarebbe occupata di creare da zero un ufficio all'interno dell'organizzazione, il cui obiettivo sul lungo termine era la sostenibilità economica dell'organizzazione stessa. Dopo tre colloqui, per un totale di circa 5 ore, e oltre a tutta la preparazione che è servita per arrivare pronto (ho ancora gli schemi), mi è stato offerto un co.co.co, per un monte ore corrispondenti al part time, per 12 mesi. In totale 9600 euro lordi, ovvero 800 euro lordi al mese. Ho rifiutato l'offerta e sono andato avanti, rispondendo ai recruiter che da un'organizzazione come la loro mi sarei aspettato una proposta più seria e dignitosa. Che io sappia, ad oggi non hanno trovato nessuno”.
E se i colloqui diventano sempre più difficili, lunghi e impegnativi, anche fare il proprio CV si trasforma in un’impresa. Questo non solo dev’essere completo ed esaustivo, ma anche esteticamente piacevole, ben impaginato, possibilmente disponibile anche in inglese, e continuamente aggiornato.
Come accade sempre nelle dinamiche di mercato, creata un’esigenza, ecco trovata la risposta. A pagamento ovviamente.
Da qualche anno a questa parte si sono infatti moltiplicati i siti per creare il “curriculum perfetto” e, assieme a questi, le figure di consulenti, esperti e career coach che promettono di aiutarti a realizzare il curriculum dei sogni e ti preparano a essere impeccabile al colloquio di lavoro.
Basta fare una breve ricerca su Google o su LinkedIn per rendersi conto che oggi la preparazione del CV e l’assistenza per un carriera di successo sono diventate una nuova, ghiotta, fonte di business. Formatori, life coach e consulenti spuntano come funghi per aiutarti a ottimizzare il tuo profilo LinkedIn e per riuscire a superare il colloquio di lavoro impossibile.
Dopo tutto, con più di 58 milioni di aziende presenti sul sito e 50 milioni di persone che cercano lavoro su LinkedIn ogni settimana, non sorprende che l’87% dei recruiter usi regolarmente LinkedIn. Sono 122 milioni le persone che hanno ottenuto un’intervista tramite LinkedIn, di cui 35,5 milioni sono state assunte da una persona con cui si sono collegate sul sito. Ogni secondo vengono presentate 95 domande di lavoro su LinkedIn e ogni minuto vengano assunte 3 persone.
Secondo queste statistiche, in pratica LinkedIn è la Terra promessa del lavoro e i career coach i nostri angeli custodi. Peccato che, come si legge da varie testimonianze e come mostrano i dati sul mercato del lavoro italiano, non è oro tutto quel che luccica.
In Italia, infatti, negli ultimi dieci anni (2011-2021) quasi un lavoratore su quattro (il 23%) ha trovato occupazione tramite amici, parenti o conoscenti, e il 9% con contatti stabiliti nell’ambiente lavorativo. I canali informali di ricerca hanno collocato, in totale, il 56% degli occupati: circa 4,8 milioni di posti di lavoro sottratti alla intermediazione ‘palese’. È quanto è emerso da un'indagine dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).
“La prevalenza dell’accesso all’occupazione tramite i canali informali rappresenta ormai un tratto strutturale del mercato del lavoro italiano – dice Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp - con distorsioni rilevanti sulla qualità dell’allocazione delle risorse umane. I dati mostrano che i canali formali (a parte i concorsi pubblici, ci si riferisce prevalentemente ai Centri per l’impiego) intermediano le posizioni lavorative meno retribuite, prevalentemente non standard e caratterizzate da bassi livelli di istruzione. Chiudendo di fatto i canali formali di accesso pubblico alle posizioni migliori si restringe il campo della contendibilità e si riduce l’area di scelta per gli stessi datori di lavoro, compromettendo spesso la valorizzazione del merito e il funzionamento del cosiddetto ‘ascensore sociale’”.
La domanda che dobbiamo porci è quindi: ha senso investire così tanto tempo e soldi nella preparazione del CV perfetto e passare mesi a inviare candidature e a sostenere colloqui, quando basta la ‘spintarella’ della persona giusta? E soprattutto, se il lavoro che ti rimedia l’amico è pagato anche meglio di quello per il quale ti sei candidato tramite i canali ufficiali?
Si scherza, ma neanche troppo.
Consigli non richiesti
In questa sezione vi consiglio qualche articolo, libro, film o contenuti che - secondo me - vale la pena leggere o approfondire
A proposito di curriculum, ora spopolano anche quelli in formato video. Ne ha parlato la giornalista Viola Stefanello in questa puntata de Il Mondo, il podcast di Internazionale
Essere pigri nella società della performance pare sia più accettabile rispetto a prima. Per lo meno su TikTok
Si può imparare a convivere tra culture ed etnie diverse, mettendo da parte pregiudizi e razzismo? Secondo il nuovo - toccante - film del regista inglese Ken Loach, The Old Oak, sì.
Per oggi è tutto.
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Perdonate il ritardo, ma sono raffreddato. Copritevi, che - finalmente - fa freddo. Alla prossima puntata!