Tutto quello che devi sapere prima di diventare un nomade digitale
Dopo la pandemia, sempre più persone aspirano a lavorare viaggiando, ma come funziona? I 5 Paesi migliori in cui lavorare da remoto
Secondo una ricerca condotta da Bluepillow nel mondo ci sarebbero circa 35 milioni di nomadi digitali e in poco più di dieci anni questo numero potrebbe addirittura raggiungere il miliardo, attestandosi al 10% della popolazione globale.
Lavorare viaggiando – si può sintetizzare più o meno così questa filosofia di vita – pare sia una tendenza in crescita: una recente ricerca a cura di Passport-Photo.Online ha evidenziato infatti come dall’avvento della pandemia di Covid-19 in poi sempre più persone abbiano deciso di abbracciare questo modello di vita-lavoro, approfittando dello smart working.
Dall’inizio della pandemia nel 2020 il numero di nomadi digitali negli USA è aumentato del 50% rispetto al 2019. Oggi sono circa 10,2 milioni gli statunitensi che si definiscono nomadi digitali, mentre 24 milioni, che non sono ancora nomadi digitali, dichiarano di voler passare allo stile di vita nomade entro i prossimi uno o due anni: un incremento del 20% rispetto al 2020.
Dallo studio emerge inoltre come la maggior parte dei nomadi digitali sia costituita dai Millennials (il 44%), ovvero la generazione dei nati tra il 1981 e il 1995. Segue la Generazione X (1961-1980) con il 23% e la Generazione Z (i nati dopo il 1995) con il 21%, mentre chiudono la classifica con il 12% i Baby Boomers, ossia i nati tra il 1946 e il 1960.
Dal punto di vista della formazione, si tratta di persone con elevata specializzazione e alti livelli di istruzione, che svolgono principalmente lavori full-time time (71%) e part-time (29%). La stragrande maggioranza di loro (85%) si dichiara soddisfatta o molto soddisfatta del lavoro che svolge. Contrariamente a quanto potremmo pensare, i nomadi digitali sono in maggioranza sposati (quasi il 61%) e sono soliti viaggiare in compagnia del loro partner o da soli.
Lo stile di vita da nomade digitale – al contrario di quanto suggerisce il termine ‘nomade’ – è molto dispendioso e per questo non è per tutte le tasche. In media, i nomadi digitali guadagnano 4.500 dollari al mese (circa 4000 €), lavorando, in media, 46 ore a settimana. Il 36% di loro lavora da freelance per diverse compagnie, il 33% sono imprenditori e il restante 21% lavora come dipendenti fissi di una compagnia.
La maggioranza dei digital nomads sono infatti freelance, impiegati da remoto (modalità fully-remote) o imprenditori digitali. Le figure più comuni sono quelle del graphic designer, social media manager, copywriter e in generale lavori in ambito informatico e/o digitale.
Questi dati sembrerebbe quindi sfatare il mito del nomade digitale come un giovane con il portatile sulle gambe che lavora dalla spiaggia, mentre sorseggia un Mojito. Questo immaginario non solo non rispecchia la realtà, ma è nella maggior parte dei casi falso. Una volta messo in chiaro il fatto che questo stile di vita è molto costoso, adatto a persone adulte, con un ottimo stipendio e finanze solide, bisogna però riconoscere che il nomadismo digitale offre un’esperienza di vita unica e stimolante, capace di mettere in contatto le persone con culture, Paesi e lingue diverse e sempre nuove: fattori che contribuiscono a rendere questa modalità di vita e di lavoro sempre più richiesta e ambita. Non è un caso che la maggior parte di questi lavoratori e lavoratrici (88%) ritiene che la scelta del nomadismo digitale abbia avuto un effetto molto positivo sulla propria vita.
I numeri che abbiamo oggi su questo fenomeno sono ancora troppo pochi, confusi e disaggregati.
«Sono statistiche non ufficiali – spiega Alberto Mattei, presidente dell’Associazione italiana nomadi digitali al Sole24 Ore – perché sotto il termine ‘nomade digitale’ vi si può riconoscere chiunque. Ognuno si sposta per motivi vari e ha necessità diverse: chi viaggia con la famiglia, chi da solo, chi per periodi brevi e chi lunghi. […] I nomadi digitali - continua - vengono visti come giovani viaggiatori che si spostano, invece si tratta il più delle volte di professionisti qualificati che sfruttano la possibilità di lavorare grazie al proprio computer».
Se i costi di connessione e i piani tariffari sono ormai abbordabili più o meno in tutto il mondo, permettendo ai lavoratori e lavoratrici di spostarsi abbastanza facilmente, il vero nodo della questione riguarda il costo della vita e gli affitti, che in alcune delle località più gettonate dai digital nomads raggiunge cifre astronomiche: a Singapore, ad esempio, l’affitto di un appartamento va dai 2.200 ai 2.750 euro al mese.
Il fenomeno del nomadismo digitale non è ovviamente innocuo: quando persone alto-spendenti vanno a vivere in contesti più poveri o emergenti, come quelli del Sud-Est asiatico, i prezzi possono schizzare in alto, con conseguenze negative sull’economia locale. È il caso del Messico, tra le mete predilette dai nomadi digitali, che, proprio per questo, sta facendo i conti con una gentrificazione selvaggia e movimenti di protesta, contrari a questa ‘invasione’ di liberi e libere professioniste.
Viaggiare lavorando, infine, non è un’attività immune da rischi e problemi e questioni di natura fiscale e burocratica che vanno ovviamente tenuti in conto.
Su Ansa, Luca Furfaro, specializzato nelle politiche del lavoro e del welfare, fornisce una serie di consigli utili in merito. Riporto, in particolare, quelli relativi alla natura del lavoro: «I nomadi digitali possono essere lavoratori autonomi o subordinati e, a seconda della tipologia, occorrerà verificare come gestire lo spostamento. Tra le due tipologie cambieranno i permessi da richiedere ma soprattutto, nel caso del lavoratore dipendente, sarà il datore di lavoro ad occuparsi di tutte le procedure». E quelli che riguardano il tema fiscale: «Lo spostamento della residenza fiscale deve essere valutato in base al paese nel quale ci si reca, ma anche verificando le norme Italiane. Il rischio è di rimanere residenti fiscalmente in Italia ed avere una doppia imposizione. In ogni caso andrà valutata l’iscrizione all’AIRE (Anagrafe degli Italiani all’Estero) che guida il concetto di residenza fiscale in Italia e che fornisce una serie di servizi all’estero».
Per diventare nomadi digitali, infine, è necessario un visto, noto come visto per il lavoro a distanza o da remoto, ovvero un permesso specializzato che garantisce alle persone la possibilità di vivere e lavorare in un Paese straniero, senza la necessità di richiedere la residenza o la cittadinanza.
Non tutti i Paesi offrono questi visti e quelli che lo fanno prevedono, di solito, dei requisiti specifici, come un documento che attesti il proprio reddito, un'assicurazione sanitaria di viaggio e un contratto di lavoro valido.
La maggior parte dei Paesi che rilasciano dei visti ai nomadi digitali permettono loro di restare per un arco di tempo che va dai 6 mesi a un anno, ma ci sono anche eccezioni, che prevedono tempi di permanenza più lunghi, come le isole Canarie, dove il visto qui si può prorogare per due anni, godendo di un’aliquota fiscale del 15% anziché del 24%, o Bali, in Indonesia, che ha da poco annunciato l’introduzione di un nuovo visto denominato Second-Home Visa, il quale consente alle persone di rimanere quasi 10 anni.
Il sito freakingnomads.com ha pubblicato un elenco di ben 43 Paesi nel mondo che offrono visti specifici per i nomadi digitali. Lo trovate qui.
Il Digital Nomad Visa Index 2024 ha invece stilato la classifica dei Paesi migliori in cui essere nomadi digitali, in base ad alcuni fattori chiave, come la disponibilità a ottenere il visto, la velocità di connessione a Internet, le politiche fiscali, il requisito di reddito richiesto, il costo della vita e il sistema sanitario.
1) Spagna
2) Argentina
3) Romania
4) Emirati Arabi Uniti
5) Croazia
6) Portogallo
7) Uruguay
8) Malta
9) Norvegia
10) Andorra
Per diversi anni il Portogallo è stata la destinazione più richiesta da nomadi digitali ed expat, ma quest’anno non si è posizionato al primo posto nella classifica. Questo soprattutto per via di alcune modifiche legislative previste per il 2024, che sono viste come ‘ostili’ ai nomadi digitali, tra cui la fine del regime fiscale favorevole per i residenti non abituali, che garantiva la riduzione delle tasse per una durata di 10 anni ai nuovi residenti, indipendentemente dalla nazionalità.
In base alle ricerche fatte online, alle classifiche stilate dalle agenzie e alle testimonianze che ho raccolto direttamente da alcuni e alcune nomadi digitali, di seguito vi propongo una selezione di 5 Paesi particolarmente interessanti per chi volesse provare a sperimentare questa filosofia di vita:
Spagna
Secondo il Digital Nomad Visa Index 2024 è il miglior Paese del mondo per i nomadi digitali, con un punteggio di 4,50 su 5.
A partire dal 2023, il visto di lavoro a distanza della Spagna consente alle persone di vivere nel Paese per un massimo di un anno, se dimostrano di avere un reddito che sia almeno il doppio del salario minimo spagnolo, ossia maggiore di 2.600 euro o 2.750 dollari al mese.
I candidati non devono avere precedenti penali in Spagna o altrove per cinque anni prima di richiedere un'assicurazione sanitaria privata, un contratto di lavoro di un anno con una società al di fuori della Spagna e almeno tre anni di esperienza lavorativa o una laurea nel loro campo, secondo quanto riporta il Ministero spagnolo dell'inclusione, della sicurezza sociale e della migrazione.
All'inizio del 2023, inoltre, la Spagna ha annunciato che avrebbe consentito a coniugi e famiglie di unirsi ai richiedenti del visto da nomadi digitali, solo se in grado di dimostrare di possedere salari più alti dell'importo minimo richiesto. Il richiedente deve infatti disporre di altri 1.000 dollari al mese di reddito per ciascun membro della famiglia. Oltre a questi, i candidati devono avere altri 335 dollari a persona al mese. Ad esempio, per una famiglia di quattro persone che si trasferisce in Spagna, il richiedente deve mostrare guadagni pari a 4.350 dollari al mese (4.033 euro circa) o a circa 52.200 dollari all'anno (48.400 euro circa).
Argentina
Dal 2022 l’Argentina offre il visto di un anno ai nomadi digitali, con diversi benefit: sconti su trasferimenti aeroportuali, trasporti, soggiorni in hotel e spazi di co-working.
Non è richiesto un reddito minimo per i lavoratori da remoto, ma bisogna comunque dimostrare di avere uno stipendio adeguato, lavorare per un’azienda , possedere un’attività propria o avere clienti al di fuori dell’Argentina.
Secondo il rapporto di VisaGuide, i nomadi con un visto argentino possono inoltre vivere esentasse per tutta la durata del loro soggiorno.
Croazia
«Croatia, your new office!»: Croazia, il tuo nuovo ufficio, è la frase che si legge sul sito dell’Ente nazionale croato per il Turismo nella pagina dedicata ai nomadi digitali.
Qui il visto per i nomadi digitali è stato lanciato in seguito alla pandemia con l’obiettivo di attrarre nuovi turisti e far ripartire l’economia in crisi. Ha la validità di un anno e i richiedenti non sono soggetti a nessuna imposta sul reddito, a patto che non lavorino in alcun modo per aziende croate.
Anche in questo caso non è specificata la soglia di reddito minimo per i richiedenti del visto, ma valgono le stesse regole dell’Argentina.
Estonia
Il piccolo Paese baltico, noto anche come casa delle startup in UE, sta puntando sul nomadismo digitale per ripopolarsi e dare una scossa alla propria economia.
Non a caso, si tratta di uno dei primi Paesi europei ad aver introdotto un visto specifico per questa categoria di lavoratori/trici, regolarizzando così un fenomeno fino a quel momento non sottoposto a legislazione.
Ad attrarre i nomadi digitali è anche la quasi completa digitalizzazione (99%) dei servizi pubblici e governativi, che permette ai cittadini estoni di votare, registrare una nascita o fare la dichiarazione dei redditi da qualsiasi angolo del mondo
Nel 2014 poi, l’Estonia ha lanciato l’E-Residency, un’identità digitale che permette l’accesso a molti dei suoi servizi digitali anche a chi non ha la residenza nel Paese. Dal 2020 questo strumento è stato aggiornato e adesso dà anche la possibilità agli iscritti di soggiornare nel Paese per un anno.
Corea del Sud
La futuristica Seoul, metropoli da 10 milioni di abitanti, ha inaugurato il 2024 con una novità molto interessante per i nomadi digitali: il Digital Nomad Visa. Un nuovo tipo di visto destinato specificamente a chi, lavorando da remoto, sceglie di stabilirsi per un breve o medio periodo in un luogo al di fuori del proprio Paese di residenza. Fino ad ora i nomadi digitali in Corea del Sud si avvalevano di un visto turistico per una permanenza massima di 90 giorni. Con il nuovo visto invece la permanenza potrà essere estesa fino a due anni.
Non tutti i lavoratori da remoto, però, potranno essere considerati idonei per questo tipo di visto.
Il primo ostacolo è costituito dal reddito: i richiedenti dovranno infatti dimostrare di percepire un reddito annuo di oltre 84,96 milioni di won (circa 60 mila euro). A questo si aggiunge l’obbligo di possedere un'assicurazione sanitaria privata con una copertura di almeno 100 milioni di won per garantire il rimpatrio in una situazione di emergenza.
Il visto, una volta ricevuto, consente però di portare con sé anche eventuali coniuge e i figli (di età inferiore ai 18 anni), ma non consente di candidarsi per posizioni lavorative in Corea.
Un plus che offre la Corea del Sud è la connessione internet tra le più veloci ed estese al mondo. Inoltre nel Paese sono molto diffusi gli Internet cafè e gli spazi di co-working, molti dei quali aperti h24.
L’iniziativa rientra all’interno di un più ampio piano strategico del Paese, che punta entro il 2027 ad ospitare 30 milioni di turisti all’anno e a raggiungere almeno 27 miliardi di euro in entrate legate al settore.
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Buon fine settimana. Chi può, si riposi e si goda il tempo libero, chi non può si ricordi che tra pochi giorni inizia Sanremo: una formidabile arma di distrazione di massa per non pensare alle nostre misere vite. Ciao!
Grazie, ottimo articolo, scritto anche con molta cura.